SLA cause malattia: carenza di ciclofillina A, un enzima che è fondamentale per il corretto funzionamento di TDP-43.
La notizia arriva da uno studio dell’Istituto Mario Negri di Milano e del CRESLA della Città della Salute di Torino pubblicato sulla rivista scientifica Brain. La ricerca svela uno dei meccanismi che portano allo sviluppo della SLA (sclerosi laterale amiotrofica), una grave malattia neurodegenerativa che porta alla paralisi dei muscoli volontari, coinvolgendo anche quelli respiratori.
Lo studio è stato condotto su modelli animali e su pazienti con esiti che potrebbero portare ad un importante passo avanti verso una terapia.
A cosa serve l’enzima ciclofillina A?
Si è evidenziato che l‘enzima ciclofillina A (PPIA) è fondamentale per il corretto funzionamento di TDP-43, una proteina che se mutata causa la SLA. Nello studio si è osservato come l‘assenza di ciclofillina A (PPIA) nel modello animale induce una malattia neurodegenerativa che è simile alla SLA e provoca l‘accumulo anomalo della proteina TPD-43.
“Abbiamo osservato – spiega Laura Pasetto dell‘Istituto Mario Negri, prima autrice del lavoro – che quando PPIA è assente il modello animale sviluppa i sintomi della SLA con demenza frontotemporale, cioè una progressiva disfunzione motoria, disinibizione ed alterazioni del comportamento in associazione alla morte dei motoneuroni ed alterazioni di TDP-43.”
Valentina Bonetto, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e coordinatrice dello studio, dichiara che: “Questi dati sono in accordo con quanto visto in un gran numero di pazienti SLA con e senza demenza frontotemporale che mostrano di essere carenti di PPIA“.
“Inoltre abbiamo identificato un paziente Sla con una rara mutazione nel gene PPIA – spiega Andrea Calvo, del CRESLA della Città della Salute di Torino e Dipartimento di Neuroscienze Università di Torino – che rende la proteina disfunzionale. Questa mutazione, pur non rappresentando una causa comune di Sla, è importante perché ci dà delle indicazioni su quali possano essere i processi cellulari alterati nei pazienti“.
“La mutazione, le evidenze sui pazienti e quelle sul modello animale vanno tutte verso la stessa direzione, cioè che nella SLA le funzioni protettive di PPIA sono deficitarie – conclude Valentina Bonetto – quindi come prospettiva futura abbiamo pensato di sviluppare un approccio terapeutico che miri a ripristinare queste funzioni. Ora dobbiamo tornare in laboratorio e valutare se questa è la strada giusta per fermare l‘insorgenza e la progressione della malattia. Se così fosse sarebbe un primo passo importante verso lo sviluppo di una terapia per la Sla“.
Il progetto della dottoressa Bonetto su PPIA (GATTALS) è tra quelli selezionati dal Bando AriSLA 2021 ed ha ricevuto anche un contributo dall‘Associazione “Io Corro con Giovanni“.