Immunità innata al Covid: che cos’è? Chi ce l’ha?
Una interessante novità sulla lotta contro il virus Sars-Cov2 ci arriva da uno studio italiano pubblicato su Nature Immunology.
Nello studio si fa luce sul ruolo fondamentale dell’immunità innata umorale, cioè di quella immunità naturale che si ha sin dalla nascita e che non si è acquisita dal contatto con un agente patogeno. E’ la prima protezione che si ha quando il sistema immunitario non si è ancora sviluppato. Si tratta di proteine in grado di aggredire il virus con modalità simili a quelle degli anticorpi veri e propri.
Fanno parte dell’immunità innata, anche cellule del sistema immunitario che con diversi meccanismi aggrediscono gli agenti patogeni organizzando una risposta tempestiva nell’attesa che l’organismo sviluppi un’immunità adattiva, cioè una difesa mirata, che agisce con gli anticorpi.
Che cos’è l’immunità innata al Covid?
I ricercatori Matteo Stravalaci di Humanitas, e Isabel Pagani, ricercatrice dell’Irccs Ospedale San Raffaele, insieme ad altri scienziati hanno scoperto che la molecola chiamata MBL (Mannose Binding Lectin) che fa parte dell’immunità innata, è in grado di bloccare il virus Sars-Cov2 legandosi alla proteina Spike. Inoltre, si è visto che proprio le variazioni genetiche di MBL sono associate alle forme gravi di Covid-19.
Elisa Vicenzi, capo dell’Unità Patogenesi Virale e Biosicurezza dell’Irccs Ospedale San Raffaele, spiega: “Nella nostra valutazione di potenziali farmaci anti-Sars-CoV-2, MBL dimostra un’importante attività antivirale che potrebbe essere un’arma in più contro le varianti in circolazione, inclusa Omicron”.
Al momento non ci sono dati sull’interazione tra questo meccanismo protettivo della prima linea di difesa e la risposta immunitaria indotta dai vaccini.
“Ad oggi sappiamo che questo meccanismo di resistenza innata ‘vede’ anche Omicron e quindi probabilmente contribuisce al fatto che, per quanto questa variante sia riconosciuta in forma minore dagli anticorpi, la prima linea di difesa regge. Ciò non toglie quanto invece già sappiamo grazie ai dati: i vaccini danno una protezione significativa e fondamentale e restano la nostra cintura di sicurezza”, conclude Mantovani.
Quello che hanno scoperto i ricercatori si può considerare un «antenato funzionale degli anticorpi», il quale ha un’azione di contrasto agli effetti dell’infezione e aiuta a capire perché alcune persone sono meno esposte agli effetti del virus.
Come funziona l’immunità innata per il Covid?
La molecola MBL funziona contro il virus del Covid perché si aggancia a degli zuccheri della proteina Spike. E’ valida contro tutte le varianti del virus perché gli zuccheri a cui si aggancia non si modificano.
“In vitro MBL si è dimostrata poco meno potente degli anticorpi prodotti da pazienti guariti da Covid”, riferisce la dott.ssa Elisa Vicenzi.
Chi ha l’immunità innata contro il Covid?
Non tutti hanno l’immunità prodotta dalla molecola MBL, infatti Mantovani precisa: “Abbiamo riscontrato che varianti genetiche che producono differenti quantità di MBL circolante sono associate a diversa gravità di malattia. E questo rappresenta un tassello in più nella comprensione di quali caratteri genetici influenzano la suscettibilità al virus”.
Quindi, valutare la quantità di MBL in circolo potrebbe essere utile come marcatore della gravità dell’infezione da Covid che il soggetto potrebbe sviluppare.
Un altro marcatore che potrebbe essere utile è la proteina Ptx3, anch’essa oggetto d’indagine nello stesso studio. “Ptx3 potrebbe essere un marcatore particolarmente utile perché viene prodotta e secreta da cellule dell’immunità innata proprio a livello bronchiale. E sembra uno dei migliori candidati a indicatore di gravità nel long-covid“, sottolinea Mantovani.
Queste scoperte chiariscono in parte anche le differenti risposte al virus da parte degli individui e si potrebbe spiegare perché persone a stretto contatto con malati, non si ammalano a loro volta.
Nuovi farmaci contro il Covid
“Con la professoressa Cecilia Garlanda, che ha partecipato al coordinamento dello studio, stiamo procedendo a ottimizzare MBL per capire se sarà possibile trasformarla in un farmaco“, aggiunge Mantovani. “La strada è lunga ma è importante cercare di avere altre armi a disposizione contro il virus. Fra l’altro Mbl è già stata infusa da altri ricercatori e clinici come terapia in soggetti con completo deficit genetico ed è stata ben tollerata.”