Virus SarsCoV2 esperimenti condotti su volontari sani.
Per studiare le risposte immunologiche con più precisione, l’Imperial College London con l’approvazione del Comitato etico della ricerca, ha condotto la prima sperimentazione umana al mondo in cui il virus del Covid-19 è stato trasmesso su 36 volontari sani per via intra-nasale.
I soggetti che hanno intenzionalmente partecipato all’esperimento erano di età compresa fra i 18 e i 29 anni.
Studi “human challenge trial” che cosa sono?
Gli studi denominati “human challenge trial”, hanno lo scopo di accelerare la sperimentazione di farmaci e vaccini, ma aprono anche a dibattiti e problemi etici.
Vengono anche definiti come “sperimentazione controllata di infezione umana“: è un tipo di sperimentazione clinica per un vaccino o altro farmaco, che prevede l’esposizione intenzionale del soggetto del test alla condizione testata.
In questo studio inglese, si sono ricavati dati certi sui fattori che portano a differenze nell’esito clinico dell’organismo a cui è stato trasmesso il virus.
“Questi risultati – ha dichiarato il professor Peter Openshaw, co-ricercatore dello studio e professore di medicina sperimentale all’Imperial College di Londra – forniscono una piattaforma chiara per utilizzare il modello di sfida umana per accelerare i test di efficacia del prodotto per nuovi vaccini o antivirali”.
I risultati dello studio, attualmente disponibili sulla piattaforma Research Square e pubblicati in anteprima dalla rivista Nature, devono ancora essere sottoposti a revisione da parte della Comunità Scientifica. Tuttavia gli esiti hanno dato sorprendenti informazioni che fanno discutere molto.
Il progetto è nato da una partnership tra Imperial College London, Vaccine Taskforce e Department of Health and Social Care (DHSC) del Regno Unito), hVIVO (parte di Open Orphan plc.) e Royal Free London NHS Foundation Trust, con l’obiettivo di sperimentare studi sulla sfida umana per migliorare e accelerare lo sviluppo di vaccini e trattamenti contro il Covid.
La prima parte del programma è chiamata “Virus Characterization Study” e consiste in uno schema in cui si infettano intenzionalmente i volontari con il virus Sars-CoV-2. Tutto ciò con l’obiettivo di monitorare con esattezza lo sviluppo della malattia, ovvero: quante persone si ammalano, quanto tempo impiega il virus per infettare, quali sintomi manifestano le persone infette, qual è la minima quantità di virus che porta a sviluppare la malattia.
I primi volontari hanno ricevuto una dose molto piccola del virus che circolava nel Regno Unito all’inizio del 2021, pari a quella contenuta in una singola gocciolina emessa respirando.
Ogni volontario ha ricevuto oltre 4.500 sterline come rimborso per le due settimane di quarantena trascorse nel Royal Free Hospital di Londra.
“Scientificamente questi studi offrono un reale vantaggio – ha spiegato il professor Sir Jonathan Van-Tam, coautore dello studio – “I tempi di esposizione al virus sono sempre noti con precisione, quindi è possibile descrivere con precisione cose come l’intervallo tra l’esposizione e il profilo di diffusione del virus”.
L’esperimento su volontari sani era stato proposto all’inizio pandemia
L’esperimento Human Challenge era stato proposto all’inizio pandemia, ma poiché troppo rischioso, non fu approvato.
Solo nell’ottobre 2020 è iniziato il reclutamento dei volontari (36 soggetti sani di età compresa tra i 18 e i 29 anni), mentre il test, che ha previsto la trasmissione del virus per via intra-nasale ai volontari, è partito all’inizio del 2021.
Il professor Christopher Chiu del Dipartimento di malattie infettive dell’Imperial College di Londra, ha dichiarato: “Abbiamo scelto volontari appartenenti a questa fascia di età perché riteniamo che questi soggetti, siano i principali vettori della pandemia e questi studi, che sono rappresentativi di infezioni lievi, consentono un’indagine dettagliata dei fattori responsabili dell’infezione e della diffusione della pandemia”.
Lo stesso gruppo di ricerca, coordinato da Christopher Chiu, dell’Imperial College di Londra, prevede di iniziare un secondo human challenge trial con la variante Delta del virus.
Per l’infettivologo Matt Memoli, dell’Istituto americano per le allergie e le malattie (Niaid), sentito da Nature, lo studio è stato condotto in modo corretto e sicuro.
Risultati esperimenti con virus SarsCoV2 su volontari sani
Il prof. Chiu precisa che “non ci sono stati sintomi gravi o problemi clinici nel nostro modello di infezione”
Tra le diverse intuizioni cliniche chiave, i ricercatori hanno scoperto che i sintomi iniziano a svilupparsi molto rapidamente, in media circa due giorni dopo il contatto con il virus. L’infezione compare per la prima volta nella gola; il virus infettivo raggiunge il picco di circa cinque giorni dopo l’infezione e, in quella fase, è significativamente più abbondante nel naso che nella gola.
Diciotto dei volontari sono stati infettati, 16 dei quali hanno sviluppato sintomi simili al raffreddore da lievi a moderati, tra cui naso chiuso o che cola, starnuti e mal di gola. Alcuni hanno avuto mal di testa, dolori muscolari/articolari, stanchezza e febbre.
Tredici volontari infetti hanno riferito di aver perso temporaneamente il senso dell’olfatto (anosmia), ma questo è tornato alla normalità entro 90 giorni in tutti i partecipanti tranne tre – il resto continua a mostrare un miglioramento dopo tre mesi.
Due partecipanti sono stati esclusi dall’analisi finale dopo aver sviluppato anticorpi tra lo screening iniziale e l’inoculazione.
(Approfondimenti: COVID-19 human challenge study reveals detailed insights into infection)