Aducanumab primo farmaco contro l’Alzheimer approvato negli USA lunedì 7 giugno 2021 dalla Food and Drug Administration. E’ un anticorpo monoclonale che andrà somministrato nelle fasi precoci della malattia e serve a rallentare il decadimento cognitivo.
E’ un importante passo avanti perché si attendeva l’approvazione da 20 anni. Tuttavia il farmaco Aducanumab non è la soluzione definitiva all’Alzheimer, infatti i pareri sulla sua efficacia sono discordi. E’ stato approvato contro il volere del comitato indipendente dell’FDA e dopo anni di sperimentazione su 3000 pazienti, i trial clinici furono bloccati nel 2019.
Infatti, secondo il parere degli studiosi, il medicinale non era in grado di bloccare il deterioramento della memoria e del pensiero. Ma nello stesso anno, il produttore statunitense Biogen dopo aver analizzato gli studi, ha affermato che il farmaco funzionava, ma doveva essere somministrato a dosi più elevate.
Ora si attende l’approvazione anche nel Regno Unito, dove Aducanumab potrebbe essere utilizzato su almeno 100.000 persone con una forma lieve della patologia.
L’Alzheimer è una malattia che incide sulla vita di molte persone e pesa sui sistemi sanitari nazionali. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2050 le persone colpite da Alzheimer saranno più di 107 milioni.
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che fu osservata per la prima volta nel 1906 dal medico tedesco Alois Alzheimer. La caratteristica tipica è il progressivo decadimento delle funzioni cognitive con sintomi quali: problemi di memoria, di pensiero, di comunicazione e confusione. La causa sono gli ammassi neurofibrillari e le placche amiloidi.
Come funziona Aducanumab?
Il farmaco Aducanumab agisce sull’amiloide, una proteina che forma grumi anomali nel cervello delle persone affette da Alzheimer. Gli accumuli della proteina sono causa di danno alle cellule e possono scatenare la demenza.
Aducanumab funziona eliminando gli accumuli di proteina beta-amiloide che soffocano e distruggono i neuroni nel cervello delle persone con malattia di Alzheimer. Contrasta in questo modo la progressione della malattia e non solo i sintomi.
Si è osservato che nelle ultime fasi della sperimentazione (trial di fase 3), dopo 78 settimane dall’inizio del trattamento, nei pazienti trattati con l’Aducanumab le placche amiloidi si sono ridotte del 30% rispetto al gruppo di controllo, come si è visto dagli esami strumentali (PET).
Quali sono i dubbi sull’efficacia?
L’anticorpo monoclonale Aducanumab, ha il ruolo di “sequestrare” e “distruggere” le beta amiloidi, riducendo in tal modo i danni cerebrali.
E’ stato testato da diversi anni nei pazienti con Alzheimer, ma nelle due sperimentazioni di fase III, in cui si valuta la reale efficacia del farmaco, ha dato risultati contrastanti. In una delle sperimentazioni, quando è stato somministrato precocemente, è risultato funzionale nel rallentare il declino cognitivo. Nell’altra fase al contrario, non ha dato alcun esito di miglioramento.
Lo studio fu perciò interrotto a metà perché non aveva dato prove sufficienti di efficacia. Inoltre gli effetti collaterali in un’alta percentuale di pazienti erano abbastanza gravi.
I risultati non sono stati chiari e sicuri e secondo gli esperti ciò è dovuto ad un errato approccio alla malattia. Mentre fino ad alcuni anni fa era la placca amiloide ad essere considerata dannosa, ora molti studi dimostrano che questi accumuli possono essere presenti anche in soggetti sani. Nelle più recenti ricerche, si è evidenziato che ad essere pericolose sono le placche solubili che si disgregano dalle altre. Stando a queste osservazioni, la formazione della placca potrebbe anche rappresentare un meccanismo di difesa fino a quando si mantiene un equilibrio.
Il danno avverrebbe quando si spezza questo equilibrio e le stesse placche rilasciano frammenti solubili che danneggiano i neuroni portandoli alla morte.
La comunità scientifica è in attesa di conferme sui meccanismi reali alla base del declino cognitivo, perciò l’approvazione del farmaco Aducanumab è stata data richiedento all’azienda Biogen di condurre una nuova sperimentazione clinica.
Come si somministra Aducanumab?
La specialità medicinale Aducanumab viene somministrata con un’infusione intravenosa della durata di un’ora circa, una volta ogni 4 settimane. Deve essere somministrato presso uno studio medico, in un centro specializzato o in ospedale e non a domicilio.
Quali pazienti possono prendere Aducanumab?
Aducanumab è indicato per i pazienti con lieve declino cognitivo, che si trovano agli esordi della malattia, dopo che questa sia stata effettivamente diagnosticata. Non è adatto invece a pazienti in fase più avanzata o afflitte da forme più gravi di demenza.
Quali sono gli effetti collaterali di Aducanumab?
Gli effetti collaterali possono essere anche gravi. In circa il 40% dei pazienti sottoposti ai trial clinici si sono riscontrate tracce di edema cerebrale con l’esame di risonanza magnetica. I sintomi sono stati mal di testa, disorientamento, nausea, vomito, problemi alla vista.
Il 17-18% dei pazienti ha presentato microemorragie cerebrali. I pazienti che verranno trattati con il farmaco dovranno perciò essere monitorati periodicamente tramite risonanza magnetica.
(Approfondimenti: fondazioneveronesi.it)